venerdì 3 dicembre 2010

Storia di Garlasco



GARLASCO – UN NUOVO CAPITOLO

Agli albori del 1400 Garlasco è ormai un comune pavese importante con sue strutture civili ed ecclesiastiche ben definite. Diamo prima uno sguardo all’indietro per definire meglio le questioni religiose ed anche politiche che andarono determinandosi nel tempo.

Cominciamo da San Pietro. L’antica chiesa extra-murana è stata l’origine della storia religiosa della comunità. Da li a poco si perderà nel silenzio della storia, avrà ancora qualche bagliore almeno sui documenti e poi sparirà definitivamente lasciando solo un toponimo, la via san Pietro, ed un quadro , in brutte condizioni, nella nuova settecentesca chiesa parrocchiale.

Con un importante ritorno al medioevo ci caliamo al centro della storia di Pavia e ci affacciamo all’interno della corte reale della città allora capitale del regno d’Italia.

Sconfitti i longobardi di Desiderio da Carlo Magno, Pavia fu per qualche tempo lasciata in penombra. Non si era arresa facilmente al grande Carlo che, quasi per mortificarla, aveva dirottato le sue attenzioni sulla vicina Milano. Già nell’830 però Lotario , suo nipote, tornò risiedere in città e diventano così numerosi i documenti a favore delle istituzioni pavesi.

Divenuto imperatore si associò al trono italico il figlio Ludovico ed insieme firmarono molte concessioni alle istituzioni ecclesiastiche pavesi.

Nell’849 il vescovo di Pavia Liutardo, collaboratore stretto del re, vide riconosciuto ufficialmente da Lotario e Ludovico II con un regio diploma il patrimonio della chiesa di san Siro.

Il diploma originale è andato perso nel 924 quando gli Ungari bruciarono Pavia, ma il contenuto è stato tramandato e confermato successivamente nel 976 da Ottone II al vescovo di Pavia Pietro divenuto più tardi papa.

Anche gli storici concordano su questo ed è così possibile oggi descrivere l’antico beneficio che trascrivo per la parte lomellina: San Martino in Fistalino, san Pietro in Garlasco, san Paolo in Sartirana, sant’Andrea in Ottobiano, la decima di san Giorgio ( di Lomellina ), l’affitto di Dorno, il podere di Alagna, le terre di Castelnovetto, l’affitto di Gambolò che è di un moggio di segale, il podere di Gropello, l’affitto di Bassignana, la prebenda di Breme. Per finire il pievano di Pieve del Cairo doveva fornire al vescovo il crisma per il giovedì santo.

C’è un bel panorama ecclesiastico di una chiesa lomellina fortemente legata a Pavia.

Naturalmente ad ogni nuovo re ne avveniva la conferma. Questo perché, continuando la tradizione longobarda era il re che metteva a disposizione del vescovo parte delle proprietà fiscali, oggi diremmo del demanio, che erano di sua proprietà personale e che usava per favorire lo sviluppo di una istituzione riconoscendone i meriti, premiando l’amicizia, mantenendo reti di sostegno e a volte di complicità. Giunto il secolo XII le cose cambiano e le proprietà, fino ad allora assegnate, diventano proprietà reali e piene. La chiesa ne poteva disporre a piacimento. Dobbiamo anche dire che iniziò così il depauperamento di molte fondazioni antiche.

Oggi possiamo anche capire che la crisi della chiesa di san Pietro trovò qui la sua origine. Posta fuori dalle mura e quindi scomoda, senza un patrimonio ben definito, ma caricata dall’obbligo di decima verso il vescovo di Pavia diventò sempre più povera. Nel frattempo santa Maria si trovò in posizione diametralmente opposta: era al centro del borgo, aveva un patrimonio, addirittura il priorato era esente da tasse episcopali e papali, salvo il dovuto alla casa madre il monastero del Salvatore. Con l’inizio del XV secolo la situazione ecclesiastica richiese un chiarimento sia delle funzioni, chi contava, sia di giurisdizione, chi comandava.

Il comune divenne l’ago della bilancia.

Il comune di Garlasco per altro non fu mai spettatore distratto delle sue vicende politiche.

Infeudato ai Beccaria già nel XIV secolo, anche se riesce difficile nella complessità delle vicende legate alla lotta tra i Beccaria, i Langosco e il comune di Pavia, guelfi e ghibellini, stabilire nomi e date. Dopo la parentesi dal 1404 al 1412, anni nei quali tutta la Lomellina fu infeudata a Facino Cane condottiero di ventura e crudelissimo soldato toccò ai Beccaria riprendere il possesso di terre loro tolte. Alla morte dello stesso a Pavia nel 1412, Garlasco con Lomello, Gropello e Cilavegna fu infeudata a Castellino Beccaria che aveva ottenuto dai Visconti l’ennesimo perdono. Addirittura Filippo Maria Visconti riconobbe a Castellino il diritto si fregiarsi del titolo di conte di tutte queste terre. I “ Garlaschini “ non digerirono molto queste ultime concessioni ed aprirono di li a poco una lunga controversia con i Beccaria per le loro terre comuni e non abbandonarono il campo fino a quando la regia camera non diede loro completamente ragione. Quando il 13 ottobre 1413 Castellino, nuovamente caduto in disgrazia del nuovo duca, fu ucciso nel castello di Pavia ed il suo corpo buttato in un pozzo non si preoccuparono molto. Accolsero Matteo suo figlio ma fu una meteora. Il comune tornò ai Visconti che ne approfittarono per fare cassa. Era comunque rimasto un vantaggio da allora Garlasco era meno legata a Pavia.

Per questo quando nel 1436 Gaurnerio Castilioni, consigliere ducale, non trovò una comunità del tutto obbediente.

E’ certo che questo primo scorcio di quattrocento ha ancora molte cose da dirci.


Franco Marinone

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