venerdì 31 dicembre 2010
venerdì 24 dicembre 2010
mercoledì 22 dicembre 2010
domenica 19 dicembre 2010
giovedì 16 dicembre 2010
Provocazione natalizia
PROVOCAZIONE NATALIZIA:
E SE GESU’ NON NASCESSE?
E se Gesù la notte di Natale non nascesse? E’ proprio un’ipotesi così improbabile? Siamo così abituati a mettere il Natale nei nostri programmi e nei nostri calendari che neppure ci sfiora un’ipotesi del genere. Eppure il rischio di un Natale senza Gesù che nasce e più presente di quanto non si creda. Infatti il Natale per molti passa in fretta. Finisce con gli ultimi acquisti e gli ultimi regali. Rimane la messa di mezzanotte. Ma è poco più di una formalità. La solita storia di 2000 anni fa, carica sempre di suggestione e di poesia e il solito invito ad essere un po’ più buoni e più attenti ai bisogni dei poveri. Dunque per la maggior parte, forse, un Natale senza novità, rivolto solo al passato patinato di buonismo, che non diventa mai presente.
Nessuno probabilmente, o ben pochi, si aspettano che Gesù nasca di nuovo, che diventi di nuovo un essere umano. Quanti dei cristiani, oggi, si aspettano una cosa del genere?
E se Gesù non nasce, tutto rimane come prima. Il Natale è solo un giorno di memoria, di uno che non c’è più. La speranza dei poveri è poco più che un’illusione. L’inizio di una umanità nuova ancora una volta rinviato. Manca il “materiale umano” che lo renda un fatto che fa notizia, un prodigio più grande ancora di quello di 2000 anni fa, un’opera che Dio solo può compiere. Se Gesù non nasce, la notte di Natale è come tutte le altre notti e il giorno di Natale sarà solo un giorno in più per tutti. Riflettiamo. Il rischio che Gesù non nasca, c’è davvero, ed è nel cuore di ciascuno. Di fronte a questa provocazione è bello invece ascoltare il libro del profeta Sofonia (3, 14-18a) “Gioisci, figlia di Sion, esulta, Israele, e rallegrati con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme… In quel giorno si dirà a Gerusalemme: ‘Non temere, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore tuo Dio è in mezzo a te, il Signore tuo Dio in mezzo a te è un salvatore potente. Esulterà di gioia per te, ti rinnoverà con il suo amore, si rallegrerà per te con grida di gioia, come nei giorni di festa’…”
Venga veramente il Signore Gesù che l’amore di Dio vuol fare sbocciare nel terreno umano di questo mondo, accogliamo nello stupore e nella gioia il mistero di un evento che ricolma di senso e di futuro la nostra vita e la nostra storia.
domenica 5 dicembre 2010
Salvadanaio per l'oratorio
REGALATI LA GIOIA DI VEDERE PRESTO ULTIMATO
IL NOSTRO ORATORIO
Eccoci con una nuova iniziativa
per raccogliere fondi per l’oratorio.
In Avvento ciascuno potrà ritirare in chiesa dopo la Messa o in casa parrocchiale il proprio salvadanaio, portarlo a casa e depositare… la propria generosità… frutto di rinunce, sacrifici, fioretti.
Periodicamente ti diremo il giorno per riportare in chiesa la tua generosità.
venerdì 3 dicembre 2010
Storia di Garlasco
GARLASCO – UN NUOVO CAPITOLO
Agli albori del 1400 Garlasco è ormai un comune pavese importante con sue strutture civili ed ecclesiastiche ben definite. Diamo prima uno sguardo all’indietro per definire meglio le questioni religiose ed anche politiche che andarono determinandosi nel tempo.
Cominciamo da San Pietro. L’antica chiesa extra-murana è stata l’origine della storia religiosa della comunità. Da li a poco si perderà nel silenzio della storia, avrà ancora qualche bagliore almeno sui documenti e poi sparirà definitivamente lasciando solo un toponimo, la via san Pietro, ed un quadro , in brutte condizioni, nella nuova settecentesca chiesa parrocchiale.
Con un importante ritorno al medioevo ci caliamo al centro della storia di Pavia e ci affacciamo all’interno della corte reale della città allora capitale del regno d’Italia.
Sconfitti i longobardi di Desiderio da Carlo Magno, Pavia fu per qualche tempo lasciata in penombra. Non si era arresa facilmente al grande Carlo che, quasi per mortificarla, aveva dirottato le sue attenzioni sulla vicina Milano. Già nell’830 però Lotario , suo nipote, tornò risiedere in città e diventano così numerosi i documenti a favore delle istituzioni pavesi.
Divenuto imperatore si associò al trono italico il figlio Ludovico ed insieme firmarono molte concessioni alle istituzioni ecclesiastiche pavesi.
Nell’849 il vescovo di Pavia Liutardo, collaboratore stretto del re, vide riconosciuto ufficialmente da Lotario e Ludovico II con un regio diploma il patrimonio della chiesa di san Siro.
Il diploma originale è andato perso nel 924 quando gli Ungari bruciarono Pavia, ma il contenuto è stato tramandato e confermato successivamente nel 976 da Ottone II al vescovo di Pavia Pietro divenuto più tardi papa.
Anche gli storici concordano su questo ed è così possibile oggi descrivere l’antico beneficio che trascrivo per la parte lomellina: San Martino in Fistalino, san Pietro in Garlasco, san Paolo in Sartirana, sant’Andrea in Ottobiano, la decima di san Giorgio ( di Lomellina ), l’affitto di Dorno, il podere di Alagna, le terre di Castelnovetto, l’affitto di Gambolò che è di un moggio di segale, il podere di Gropello, l’affitto di Bassignana, la prebenda di Breme. Per finire il pievano di Pieve del Cairo doveva fornire al vescovo il crisma per il giovedì santo.
C’è un bel panorama ecclesiastico di una chiesa lomellina fortemente legata a Pavia.
Naturalmente ad ogni nuovo re ne avveniva la conferma. Questo perché, continuando la tradizione longobarda era il re che metteva a disposizione del vescovo parte delle proprietà fiscali, oggi diremmo del demanio, che erano di sua proprietà personale e che usava per favorire lo sviluppo di una istituzione riconoscendone i meriti, premiando l’amicizia, mantenendo reti di sostegno e a volte di complicità. Giunto il secolo XII le cose cambiano e le proprietà, fino ad allora assegnate, diventano proprietà reali e piene. La chiesa ne poteva disporre a piacimento. Dobbiamo anche dire che iniziò così il depauperamento di molte fondazioni antiche.
Oggi possiamo anche capire che la crisi della chiesa di san Pietro trovò qui la sua origine. Posta fuori dalle mura e quindi scomoda, senza un patrimonio ben definito, ma caricata dall’obbligo di decima verso il vescovo di Pavia diventò sempre più povera. Nel frattempo santa Maria si trovò in posizione diametralmente opposta: era al centro del borgo, aveva un patrimonio, addirittura il priorato era esente da tasse episcopali e papali, salvo il dovuto alla casa madre il monastero del Salvatore. Con l’inizio del XV secolo la situazione ecclesiastica richiese un chiarimento sia delle funzioni, chi contava, sia di giurisdizione, chi comandava.
Il comune divenne l’ago della bilancia.
Il comune di Garlasco per altro non fu mai spettatore distratto delle sue vicende politiche.
Infeudato ai Beccaria già nel XIV secolo, anche se riesce difficile nella complessità delle vicende legate alla lotta tra i Beccaria, i Langosco e il comune di Pavia, guelfi e ghibellini, stabilire nomi e date. Dopo la parentesi dal 1404 al 1412, anni nei quali tutta la Lomellina fu infeudata a Facino Cane condottiero di ventura e crudelissimo soldato toccò ai Beccaria riprendere il possesso di terre loro tolte. Alla morte dello stesso a Pavia nel 1412, Garlasco con Lomello, Gropello e Cilavegna fu infeudata a Castellino Beccaria che aveva ottenuto dai Visconti l’ennesimo perdono. Addirittura Filippo Maria Visconti riconobbe a Castellino il diritto si fregiarsi del titolo di conte di tutte queste terre. I “ Garlaschini “ non digerirono molto queste ultime concessioni ed aprirono di li a poco una lunga controversia con i Beccaria per le loro terre comuni e non abbandonarono il campo fino a quando la regia camera non diede loro completamente ragione. Quando il 13 ottobre 1413 Castellino, nuovamente caduto in disgrazia del nuovo duca, fu ucciso nel castello di Pavia ed il suo corpo buttato in un pozzo non si preoccuparono molto. Accolsero Matteo suo figlio ma fu una meteora. Il comune tornò ai Visconti che ne approfittarono per fare cassa. Era comunque rimasto un vantaggio da allora Garlasco era meno legata a Pavia.
Per questo quando nel 1436 Gaurnerio Castilioni, consigliere ducale, non trovò una comunità del tutto obbediente.
E’ certo che questo primo scorcio di quattrocento ha ancora molte cose da dirci.
Franco Marinone
mercoledì 1 dicembre 2010
Avvento
I QUATTRO LUNEDI’
DI AVVENTO
Ore 21 in oratorio
Quattro appuntamenti per chi sente l’appartenenza alla comunità, quasi un ritiro
spirituale per prepararci al Natale.
Lunedì 29 novembre: con il Vangelo di Matteo dentro
la comunità.
Lunedì 6 dicembre: in ascolto di Gesù che ci invita
ad essere costruttori del suo Regno.
Lunedì 13 dicembre: protagonisti della missione
della Chiesa.
Lunedì 20 dicembre: la conversione come atteggia-
mento costante del discepolo.
PER I RAGAZZI:
I MERCOLEDI’ DI AVVENTO
Ore 16 in oratorio
Mercoledì 1 dicembre: incontriamo l’angelo Gabriele.
Mercoledì 15 dicembre: incontriamo Maria,
la mamma di Gesù.
Mercoledì 22 dicembre: incontriamo Giuseppe,
che si è fidato di Dio.
LE DOMENICHE DI AVVENTO
1 Domenica: Con l’evangelista Matteo sentiamoci
comunità viva che attende il Natale di Gesù
(animano la Messa i fanciulli che si preparano alla Messa di Prima Comunione)
2 Domenica: Con il profeta Isaia prepariamo
la venuta di Gesù
(animano la Messa i fanciulli che si preparano alla Festa del Perdono)
3 Domenica: Con Giovanni Battista
accogliamo l’invito alla gioia: Gesù viene a salvarci
(animano la Messa i ragazzi che si preparano al sacramento della Cresima)
4 Domenica: con Giuseppe fidiamoci di Dio
e lasciamo che parli al nostro cuore
venerdì 19 novembre 2010
Oratorio
ORATORIO OGGI - “L’ORATORIO DELLA DOMENICA” e non solo…
Finalità del progetto e linee guida.
È il tentativo di offrire ai bambini e ai ragazzi ciò che nessuno offre più: uno spazio e un tempo di libertà in cui poter fare dei giochi e delle attività spontanee, pensate e organizzate da loro, un luogo di incontro e confronto con i coetanei, vigilato e accogliente.
Fare in modo che bambini, pre-adolescenti e adolescenti possano riconoscere nell’Oratorio
un luogo di riferimento e di educazione umana e cristiana. I bambini hanno bisogno di ambienti strutturati in cui apprendere delle abilità (motorie, intellettuali, linguistiche), nulla da eccepire quindi sul fatto che frequentino le palestre, coltivino la musica e imparino le lingue; devono però poter fare anche altri tipi di esperienze(essenziali per la loro crescita!), non programmate nei dettagli dagli adulti. Certamente hanno bisogno di sentirsi amati e guidati dai genitori, di trovare a casa e a scuola dei modelli di riferimento da imitare, hanno però anche bisogno di spazi di libertà in cui poter fare dei giochi e delle attività spontanee, pensate e organizzate da loro.
Ciò è possibile se si rispettano i loro ritmi di crescita e i loro tempi; ritmi e tempi che nei bambini sono più vicini a quelli della natura che a quelli delle tecnologie.
LE POTENZIALITÀ DEL GIOCO.
Quando non si sentono costretti all’interno di un programma o imprigionati in rigide tabelle di
marcia, possono dare più spazio alla fantasia.
Il gioco spontaneo ha delle potenzialità peculiari che non ritroviamo nelle attività strutturate (sia pur valide) proposte dagli adulti. Una delle potenzialità del gioco spontaneo è,per esempio, quella di liberare gli spazi mentali e fisici consentendo ai bambini di recuperare, di curare piccole ferite psicologiche, di trovare sul piano della fantasia (giochi simbolici) adattamenti e soluzioni che nel mondo reale non sono raggiungibili.
Un’altra potenzialità riguarda il poter esplorare il mondo da diverse angolature, senza l’urgenza creata da un programma da eseguire correttamente seguendo una direzione prestabilita. I bambini che giocano sperimentano vari ruoli a seconda di quelle che sono le esigenze del momento.
«Facendo finta di...» non attribuiscono a un insuccesso un valore assoluto.
Bisogna saper cogliere le valenze nascoste dei diversi giochi. Giochi spontanei, apparentemente privi di obiettivi, come correre, saltare, tirar calci al pallone o lanciarlo nel canestro non sono soltanto fonte di divertimento, consentono anche di esprimere la propria singolarità, di acquisire sicurezza, coraggio, autocontrollo. Servono anche per posizionarsi socialmente, per ottenere, una capacità comunicativa basata sulla reciprocità.
IL GRUPPO DEI PARI.
Incontrare altri bambini, senza che ciò risponda a una programmazione e al di fuori dello stretto controllo degli adulti è un’esigenza dei bambini stessi.
I ragazzi sperimentano due forme di socializzazione molto diverse. I rapporti con gli adulti sono caratterizzati da reciprocità “complimentosa”. Tra bambini è invece la reciprocità “simmetrica”, dove tutti sono ugualmente liberi quando affrontano delle controversie tra loro, e sono costretti a fare delle concessioni e a cooperare perché nessuno può reclamare l’autorità finale.
Entrambe le forme di socializzazione sono importanti. Quelle tra ragazzi alimentano il pensiero creativo, la sensibilità sociale e l’autonomia di giudizio. All’interno del gruppo, ad esempio, essi imparano come fare amicizia, come mantenerla o romperla, come fare la pace dopo avere litigato, l’arte della trattativa e la capacità di risolvere i conflitti. Solo i coetanei possono insegnare queste abilità, grazie al sentimento di uguaglianza che li accomuna. I bambini imparano a evitare l’isolamento e il rifiuto confrontandosi da soli con i compagni, senza l’interferenza degli adulti. I bambini hanno anche bisogno di spazi – fisici e mentali – dove possano muoversi seguendo i propri tempi, ritmi e inclinazioni e incontrarsi tra loro. Riempire tutti gli spazi con delle attività strutturate non è né “necessario”, ma lo è ancor meno riempire il tempo libero dei bambini con interminabili sedute quotidiane, dentro casa, di fronte allo schermo televisivo.
Con la consapevolezza che l’oratorio è solo una tra le tante proposte educative…
P.S. sul prossimo nr. parleremo dell’aspetto spirituale e dell’organizzazione. d. Moreno
domenica 14 novembre 2010
Cresima
S. CRESIMA 2010: I NOSTRI RAGAZZI CONFERMATI NELLA FEDE.
Sabato 9 ottobre scorso, alle ore 16, nella Chiesa parrocchiale B.V. Assunta, 47 ragazzi di 2°media e un giovane futuro sposo hanno ricevuto la Santa Cresima durante la solenne celebrazione presieduta dal nostro Vescovo.
I cresimandi, accompagnati dai rispettivi padrini, madrine, genitori, parenti, amici e preparati con instancabile pazienza da don Moreno, don Angelo e dai catechisti, hanno partecipato emozionati, cantando con slancio e gioia. S.E. Mons. Vescovo ha loro ricordato, durante l'omelia, l'importanza e il significato del Sacramento che si apprestavano a ricevere: non più bambini ma ragazzi consapevoli, attenti, intelligenti, studiosi, in costante crescita nel loro cammino di fede. Ha sottolineato come la S. Cresima o Confermazione sia considerata, purtroppo da molti, un capolinea dopo il quale anche la S. Messa domenicale diventa un noioso obbligo da assolvere. Questo Sacramento, invece, deve essere un punto fondamentale di partenza per tutti i cresimati che, rigenerati dallo Spirito, diventano a loro volta fonte di freschezza nuova, di fede viva per e con il prossimo. Egli ha auspicato che tra i giovani possano crescere sacerdoti, suore, missionari oppure padri e madri di nuove famiglie cristiane; si è rivolto così anche ai genitori e, ben consapevole delle loro difficoltà quotidiane, li ha esortati ad essere forti e adulti nella fede, ricordando a tutti i presenti che il nostro "sì" a Dio deve essere totale ed incondizionato. Dopo l'invocazione allo Spirito Santo e l'imposizione delle mani da parte del Vescovo sui cresimandi, un silenzio carico di emozione ha contagiato i presenti, mentre le madrine e i padrini accompagnavano i ragazzi ordinatamente in fila davanti a Mons. Vescovo per la Crismazione. A fine celebrazione, la foto di gruppo e l'inevitabile, gioiosa confusione a coronamento di una giornata "speciale" non devono farci dimenticare che in questa società, spesso arida e crudele, abbiamo bisogno di lasciarci trasportare dal vento dello Spirito, illuminare dal sole di Dio e fecondare dalla pioggia della Parola (Isaia 55,10-11).
Solo così riceveremo dallo Spirito Santo la forza per continuare ad essere, ogni giorno, testimoni coraggiosi.
(M. Grazia)
Festa della famiglia
e ANNIVERSARI DI MATRIMONI
Sicuramente la famiglia è la culla dei sogni di Dio. Dio stesso ha la sua famiglia nella Trinità. Il 17 ottobre un folto numero di noi famiglie garlaschesi si è ritrovato in chiesa parrocchiale a rinnovare davanti a Dio e alla comunità la propria adesione a questo “sogno di Dio”. La Messa degli anniversari di matrimonio, meglio intitolata della “Festa della Famiglia”, ha avuto un’apertura toccante con una riflessione sull’amore che da acerbo può diventare amore per sempre. E noi eravamo lì a testimoniarlo, chi con 10, chi con 20, 25, …. Fino a 50 anni di matrimonio. E quanta vita, quante storie, quanti avvenimento gioiosi, dolorosi, ma anche semplicemente quotidiani portava dentro di sé ciascuna di noi coppie! C’era veramente un qualcosa, o meglio, Qualcuno che ci rendeva partecipi, sereni, rincuorati, gioiosi di dire ancora il nostro sì al nostro coniuge. E secondo me i bambini, i ragazzi, i nostri figli, frutto dell’amore nelle nostre famiglie lì presenti, hanno respirato la bellezza della famiglia, come luogo dove attingere la forza, il coraggio e la testardaggine di portare avanti scelte per la vita, come appunto il matrimonio richiede. Don Angelo nell’omelia ha sottolineato che anche la comunità parrocchiale è una grande famiglia di famiglie, senza le quali la parrocchia non esisterebbe. Ogni momento della celebrazione è stato improntato alla riflessione e al vissuto di questo sacramento impegnativo, talvolta difficile, ma costruttivo che è il matrimonio. Momenti significativi sono stati l’omelia, il rinnovo delle promesse matrimoniali, lo scambio degli anelli, l’offertorio, la toccante Ave Maria e i canti della corale S. Cecilia.
Certo la regia sapiente e coinvolgente dei nostri sacerdoti e dei loro collaboratori, ma soprattutto dello Spirito Santo, ci ha toccato a tal punto da sentirci lì, davvero, un’unica grande famiglia. Cosa augurarci allora? Di continuare a credere e a investire nel valore innegabile della famiglia, sulla quale la comunità parrocchiale si deve appoggiare come quella casa fondata sulla roccia che il Vangelo ci presenta, e nessun vento, né lieve, né potente, ci farà desistere dal camminare verso la meta. Claudia ed Enzo
sabato 9 ottobre 2010
S. Messa inizio catechismo
giovedì 30 settembre 2010
Apertura anno catechistico
Festa della famiglia
Cresime 2010
domenica 26 settembre 2010
Preparazione alla cresima
sabato 25 settembre 2010
Visitatio del 1460
Visitatio Aplica del 1460
Il giorno 10 Ottobre del 1460 la Parrocchia di Garlasco veniva visitata, a nome del Papa (visitatio apostolica), da cui dipendeva ecclesiasticamente, allora, il territorio di Garlasco di Lomellina.
Il Visitatore, con questo suo delicato incarico, quel giorno si presentò alla porta della chiesa di Santa Maria “intra muros” accolto dal Rettore e Parroco don Andrea Guazzoni e probabilmente da un folto gruppo di fedeli. Il verbale di quella visita, agli atti della Curia Vescovile di Pavia, ci permette di conoscere, seppur sommariamente, la fisionomia della parrocchia d’allora.
Il Visitatore, com’era uso e non avendone l’obbligo, non rileva gli aspetti architettonici né gli stili, così come non segnala le opere d’arte ma registra solo che alla chiesa di S.ta Maria è stata unita quella extramurana dedicata a S. Pietro, dove si esercitava il ministero ora trasferito, per comodità dei parrocchiani, nella stessa S.ta Maria intra muros. Ciò constatato chiese al Parroco le credenziali, cioè i titoli d’ordinazione sino al Presbiteriato, quello di nomina e di immissione nel possesso della Parrocchia mentre don Andrea glieli sfoderò uno ad uno. Seguì l’interrogazione per conoscere se la chiesa avesse “consericati e cappellanie” ed il Parroco gli rispose che la chiesa, purtroppo, aveva un solo “chiericato” intestatario del quale è il presbitero don Abbondio Gualla, garlaschese, il quale, peraltro, essendo prevosto della parrocchia di S. Giovanni in Borgo a Pavia, aveva lasciato a lui l’incombenza di celebrare, due volte alla settimana, dietro compenso di sette sacchi di segale. Poi il Parrocco s’affrettò subito ad assicurare che sarebbe stata sua premura di consegnare all’abate del Monastero di San Salvatore di Pavia circa dieci sacchi di segale e di frumento quale corrispettivo del diritto di nomina del patronato locale.
L’interrogatorio proseguì, com’era d’uso in quelle situazioni, con rito incalzante.
“Qual è il reddito della chiesa di S.ta Maria dopo l’unione con la chiesa di S. Pietro < style="mso-spacerun:yes"> >?”
“E’ di 25 fiorini.” Rispose il Parroco
“Reddito che risulta dalle proprietà della chiesa medesima, come Vossignoria Illustrissima può constatare, e in parte dalla sistematica decima che viene elargita alla chiesa dalla Comunità garlaschese, precisamente sette sacchi di segale e quattordici brente di vino.”
“Quanti casamenti possiede la Parrocchia nel territorio di sua giurisdizione?”
Alla richiesta il Parroco risultò un poco titubante. Non aveva un vero e prorpio inventario dei beni patrimoniali ed allora arrischiò ad indovinare pensando che il Visitatore non avrebbe chiesto la comprovante documentazione:
“Circa cento caseggiati, forse qualcuno in più, per effetto dell’ultimo lascito che, come vede, stavo per l’appunto registrando in questi giorni.”
Dopo altre relazioni ed assicurazioni relative alla salvaguardia delle sostanze patrimoniali, l’interrogatorio passò alla fase più delicata ed appropriata, la cura delle anime.
“Tutti i suoi parrocchiani si confessano e ricevono l’Eucarestia secondo le prescrizioni della Chiesa?”
“Quasi tutti, eccezion fatta per pochi che, né si confessano e di conseguenza non si comunicano.”
“E’ necessario ammonirli.”
Rispose con fare severo il Visitatore.
“Se questi, pochi come dice lei, poi dovessero persistere nel loro atteggiamento negativo, non li ammetta più né in chiesa né al camposanto. Intesi?”
Il tono, viepiù, non ammetteva deroghe.
Quando il Parroco pensava che l’interrogatorio volgesse alla fine il Visitatore riprese:
“Ci sono usurai, concubini, eretici o qualcuno che ha la fama d’essere tale?”
Senza tentennamenti e con piglio sicuro don Guazzoni rispose prontamente:
“Non c’è alcun dubbio. Ormai a Garlasco non si parla d’altro che di Angelino Strada che è concubino e che tiene con sé Andriola …….., pur essendo, lo Strada, di già sposato.”
“Scriva a costui, caro Prevosto, e gli dica che se entro nove giorni dalla data della sua lettera non manderà a casa la donna, la scomunica non gliela leverà nemmeno il Padre eterno.”
A risolvere la questione arrivò, circa un anno dopo, la morte di Andriola, con grande sollievo del Parroco e con ugual dolore e dispiacere di Angelino al quale, però, nel frattempo, la scomunica non era stata ancora comminata grazie alla bontà del suo Rettore e Parroco.
Cenni da "Garlasco e la sua Parrocchia" dell indimenticato maestro GIACOMO RE.